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Dopo diversi anni passati a studiare e applicare i principi della sicurezza comportamentale nelle organizzazioni, si può giungere a riconsiderare l’approccio di partenza chiedendosi se i comportamenti individuali, specie quelli errati o di non sicurezza, non siano spesso indotti dall’interfaccia di lavoro (contesto, attrezzature, ecc..). Ovvero, se le barriere al comportamento sicuro siano principalmente da ricercare nell’hardware e ai sistemi di gestione, intendendo con questi termini comprendere le strutture, i dispositivi, la progettazione e la manutenzione, ecc. .

Analizzando gli infortuni e le loro cause profonde, è possibile verificare che nella stragrande maggioranza dei casi la causa effettiva dell’infortunio non deriva dal solo Fattore Umano ma, spesso, è il contesto/sistema in cui l’uomo agisce che lo induce all’errore, oppure, l’errore è insito nella struttura operativa/procedurale e una volta che si attiva a seguito di una contemporaneità di concause fortuite, l’uomo non è in grado di evitare che la sua propagazione possa generare il danno.

La distribuzione percentuale delle barriere è simile a molti altri siti. I dati indicano che le attrezzature e gli equipaggiamenti, e la consapevolezza del pericolo costituiscono le categorie più ampie, comprendendo la maggior parte delle barriere al comportamento sicuro. È importante notare che questo tipo di dati non sarebbe disponibile se non fosse per la metodologia basata sul comportamento che permette di raccoglierli. Esaminare e ragionare su questi dati in consultazione con molte differenti organizzazioni ha recentemente permesso all’autore di pensare alle relazioni fra i fattori casuali che contribuiscono all’infortunio.

La situazione per la quale l’infortunio è effettivamente causato dal lavoratore, sebbene esistente, di solito è abbastanza rara e, pertanto, limitare la ricerca della causa profonda (o delle cause profonde considerato che spesso l’evento ha cause multifattoriali) è un errore. L’analisi sistematica del contesto condotta grazie alla costante e preziosa collaborazione dei lavoratori, consente di individuare i fattori di rischio latente, così da potervi porre rimedio. Perché questo processo abbia successo all’interno di un’organizzazione, è però importante che si possano creare gruppi di analisi non costituiti da persone messe insieme a caso, ma ogni team deve rappresentare una sorta di piccola azienda in miniatura che lavora secondo codici comuni, procedure assodate e relazioni basate sulla volontà di collaborare. I team sono strumenti eccellenti per lavorare, considerato che ogni partecipante al gruppo impara a riconoscere il valore di ogni collega e dei suoi contributi al lavoro della squadra. I membri di un team di questo tipo si aiutano a vicenda per compensare le reciproche debolezze perché sanno che gli obiettivi potranno essere raggiunti più facilmente con uno sforzo comune basato su una forte solidarietà del gruppo. Ne derivano una forte autostima di ogni lavoratore che, grazie al supporto dei colleghi, impara a realizzarsi a pieno e a soddisfare le proprie esigenze di crescita personale.

Partendo da queste consapevolezze, è stato possibile modificare l’approccio al tema e, grazie a una vasta attività di ricerca, identificare nell’Human and Organizational Performance (HOP), quegli aspetti di cultura ingegneristica della sicurezza complementari e sinergicamente interagenti con i principi della sicurezza comportamentale  sviluppati nell’ambito della Behavior Analysis.